La Francia ha imposto un divieto sul “meat sounding”, limitando l’uso di nomi ispirati alla carne per prodotti vegetali.
La Francia ha recentemente approvato un decreto che segue le orme dell’Italia nel regolamentare l’uso delle denominazioni di prodotti alimentari, in particolare vietando l’utilizzo di termini associati ai tagli di carne per descrivere sostituti vegetali. A partire dalla fine di maggio, prodotti come “vegan steak”, “pancetta meat-free” e “salsicce vegetali” non potranno più essere commercializzati con questi nomi, con multe previste fino a 7.500 euro per i trasgressori.
Questa mossa, che arriva forse in risposta alle proteste degli allevatori e dell’industria della carne, sta sollevando interrogativi e critiche da parte di sostenitori dell’alimentazione a base vegetale e di alcuni settori del pubblico.
Il decreto francese si appoggia a una legislazione del 2020, la cui implementazione era stata precedentemente messa in pausa dal Consiglio di Stato nel giugno 2022, a seguito di una contestazione sollevata da Proteines France. Quest’ultima, un’associazione che rappresenta numerose imprese francesi operanti nel settore degli alimenti vegetali, aveva espresso dissenso riguardo alla legge. Nonostante la sospensione temporanea, l’organizzazione ha manifestato la propria determinazione a continuare la lotta legale contro le restrizioni imposte dal nuovo decreto.
Ma i consumatori sono confusi?
Questo decreto solleva preoccupazioni significative riguardo alla libertà di scelta dei consumatori e alla trasparenza del mercato. Mentre i sostenitori del decreto sostengono che la misura sia necessaria per evitare confusione tra i consumatori, studi dimostrano che i consumatori non sono confusi dalle etichette dei prodotti a base vegetale. Anzi, questi nomi forniscono un contesto utile che aiuta i consumatori a comprendere meglio cosa stanno acquistando, facilitando così la transizione verso diete più sostenibili e a base vegetale.
Una visione ristretta della tradizione alimentare
Il divieto ignora il fatto che la lingua evolve in risposta ai cambiamenti culturali e sociali, inclusi quelli relativi all’alimentazione. Nominare i prodotti a base vegetale in modo che richiami visivamente e culturalmente i corrispettivi di carne è una pratica che non solo stimola l’innovazione culinaria ma promuove anche un’etica di consumo più sostenibile. Limitare questa pratica potrebbe è un passo indietro nel dibattito più ampio sul futuro dell’alimentazione sostenibile.
Le conseguenze per il settore alimentare
Le restrizioni imposte dal decreto potrebbero avere ripercussioni negative non solo per i consumatori ma anche per il settore alimentare, limitando la capacità delle aziende di innovare e di rispondere alle crescenti richieste di alternative a base vegetale. In un momento in cui l’urgenza di affrontare questioni come il cambiamento climatico e la sostenibilità non è mai stata così evidente, misure come queste sembrano contrastare gli sforzi volti a promuovere pratiche alimentari più responsabili.
Verso un dialogo costruttivo
È fondamentale trovare un equilibrio che rispetti le tradizioni senza ostacolare l’innovazione e la sostenibilità. La speranza è che, piuttosto che imporre restrizioni, i governi possano lavorare insieme a produttori, consumatori e esperti di nutrizione per sviluppare linee guida che incoraggino l’adozione di diete più sostenibili e salutari, per il bene del pianeta e delle future generazioni.
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