Ci siamo spesso concentrati sull’impatto ambientale del cibo che consumiamo facendo riferimento ai maggiori studi pubblicati concludendo sempre che una dieta plant-based risulta essere la migliore e quella più sostenibile
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Responsabilità tra produzione e consumo
Oggi però vogliamo fornire alcuni dati legati al problema globale dello spreco.
Per spreco alimentare si intende generalmente quella parte di cibo che viene acquistata ma non consumata e che, quindi, finisce nella spazzatura. Non esiste però una definizione univoca perché, durante tutta la catena agroalimentare, si presentano casi di spreco di prodotti destinati all’alimentazione riconducibili ad altre motivazioni.
Si spreca in ogni passaggio della filiera: nella fase produttiva, in quella distributiva e infine anche nella fase di consumo.
Si parla di food losses e food waste: il primo concetto attiene alle perdite che avvengono all’inizio della catena; il secondo invece si riferisce allo spreco in fase di trasformazione e di consumo.
Qual è la portata del fenomeno?
Si stima che un terzo di tutto il cibo prodotto sul pianeta sia ridotto a spazzatura: 1,3 miliardi di tonnellate. Il 6% delle emissioni di gas serra è provocato dagli sprechi alimentari che confluiscono nelle discariche.
Nel 2016 si stimava, a livello globale, uno spreco di cibo di 145 chili a famiglia e 63 chili a persona. In Italia la situazione non risulta essere più incoraggiante: secondo il ministero dell’Agricoltura il 50% degli sprechi avviene in casa e finiscono nella spazzatura 12 miliardi di alimenti.
In Italia sei persone su dieci, secondo l’indagine 2018 di Waste Watcher, gettano cibo ancora buono almeno una volta al mese. Nove su dieci ammettono di provare un forte senso di colpa per questo spreco e le campagne di sensibilizzazione stanno contribuendo nel nostro Paese a promuovere comportamenti più virtuosi rispetto al passato, ma in un anno un italiano spreca ancora in media 36 kg di cibo – una media di 3 kg al mese. A livello domestico la parola chiave è ridurre: solo così, con acquisti più attenti e porzioni più piccole, non sarà necessario recuperare, fase che, nel caso dei consumi dei privati cittadini, è la più difficile.
Secondo le stime dell’Unione Europea, In Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo secondo.
Nel 2016 la Commissione ha lanciato una piattaforma europea contro gli sprechi e i rifiuti alimentari coinvolgendo tutti i soggetti interessati: si tratta del progetto “Food Waste“, una piattaforma che riunisce tutti gli attori – istituzioni pubbliche europee, nazionali e locali, industrie di produzione agro-alimentare, catene di distribuzione, ong e organizzazioni caritatevoli con l’obiettivo di rendere più efficienti i meccanismi di recupero del cibo.
A ottobre 2017 la Commissione ha emanato linee guida su sicurezza e igiene alimentare applicabili alla donazione del cibo con lo scopo di promuovere la donazione: in Unione Europea circa 550 000 milioni di tonnellate di cibo sono redistribuite a 6,1 milioni di persone dalle banche alimentari, ma si tratta di una piccola percentuale del volume stimato di alimenti che potrebbero essere redistribuiti per prevenire e combattere gli sprechi alimentari.
Il 30 maggio 2018, grazie a nuove norme UE, gli Stati membri si sono impegnati a ridurre i rifiuti alimentari e a monitorare i progressi: si tratta della Revised EU Waste Legislation.
Secondo la FAO, tra le principali cause dello spreco casalingo troviamo:
- le cattive abitudini di spesa di milioni di persone;
- l’inosservanza delle indicazioni poste in etichetta sulla corretta modalità di conservazione degli alimenti;
- le date di scadenza troppo rigide;
- la tendenza a servire porzioni di cibo troppo abbondanti;
- le promozioni che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario.
Il Food Sustainability Index (FSI) alla sua terza edizione, analizza le performance di 67 Paesi in base alla sostenibilità del loro sistema alimentare e al reddito. I Paesi presi in esame dall’Index rappresentano oltre il 90% del PIL globale e i 4/5 della popolazione mondiale.
Lo studio si basa sull’analisi di tre parametri:
- Food loss and waste
- Sostenibilità agricola
- Sfide nutrizionali
Il paese più virtuoso (nell’ambito dei 35 paesi ad alto reddito) è la Francia. Il Ruanda è il paese con la miglior prestazione tra quelli a basso reddito.
L’Italia solo 27a grazie all’agrioltura sostenibile ma ancora non efficace per ciò che concerne spreco alimentare e sfide nutrizionali.
Top 20 dei paesi esaminati:
A questo link, il ranking completo
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